Come cambiare la percezione della gente con messaggi di marketing efficiace? Vediamo un bellissimo esempio di campagna marketing sociale recentissima, apparsa sulla stampa di Ottobre a cura di UNWomen.org, l’agenzia affiliata delle Nazioni Unite che ha come mission l’eliminazione della discrimizione contro donne e ragazze e lo sviluppo del ruolo della donna nella società globale.
La campagna si chiama #womenshould (suggerendo quindi l’hastag migliore per Twitter!!). E’ stata realizzata dall’agenzia Memac Ogilvy & Mather di Dubai in quattro versioni. Ciascuna versione ritrae il volto di una donna sulla cui bocca è sovraimpressa la barra di ricerca Google che riporta i suggerimenti offerti della funzione di “autocompletamento” Google usando le parole chiave degli stereotipi sulle donne. Usando i dati raccolti il 9 Marzo 2013, la campagna dimostra quindi inequivocabilmente il “sentire comune” ed i sentimenti negativi sulle donne, spesso basati su prevaricazione, obblighi o rifiuto dei diritti fondamentali.
Le quattro foto riportano quattro ricerche Google su pregiudizi: consa “non dovrebbero” fare le donne (women shouldn’t), cosa “non sono in grado” di fare secondo gli stereotipi (women cannot), cosa “dovrebbero fare” (women should) e cosa “sarebbe necessario facessero” (women need to). Sotto la barra di ricerca, è invece riportato lo slogan di come, secondo UN è necessario cambiare la percezione di ciò che il mondo pensa. A questo scopo, la frase sotto la barra è una vera e propria Call-to-Action, un invito immediato al destinatario della comunicazione a cambiare il “modo di pensare” suo e della società.
Nella prima foto, ad esempio, Google mostra che le ricerche più frequenti per “wome shouldn’t”: le donne non dobrevvero avere diritti, non dovrebbero votare e non dovrebbero lavorare. A queste, UN Women contrappone in antitesi la nuova realtà: “le donne – oggi – non dovrebbero più soffrire di discriminazione“.
Cosa rende questa campagna così efficace ? Cosa le accuma agli esempi di comunicazione sociale visti per “Coinvolgere in una causa (WWF)“, “Marketing associativo: call-to-action efficaci (Unicef)” e “Marketing sociale : storytelling e fundraising” ?
Il primo dato è l’identificazione completa con UN Women: questi advertising sono l’interpretazione letterale della Mission dell’organizzazione; essi danno corpo, in modo figurato, con una call-to-action alla volontà di cambiare il modo di pensare sulle donne nel mondo. Danno corpo, anzi voce al fatto che le “donne non possono pià accettare lo stato di cose“.
Guardano bene le immagini, una cosa che non si comprende immediatamente è la forte attrazione per l’occhio della barra di ricerca Google. Perchè? Perchè simbolicamente è questa posta proprio sulla bocca: in un certo senso è come dire che i dati di Google danno voce e materializzano i pregiudizi sulle donne e il comune sentire del mondo. Ma allo stesso modo si potrebbe intendere che tali pregiudizi (la barra), coprono la voce e le parole vere delle donne, ossia quello che loro realmente rappresentano. In un certo senso, i pregiudizi impediscono alle donne di esprimersi.
Questo silenzio diventa assordante ed acuisce il paragone tra cosa il mondo dice per bocca di Google e cosa, invece, deve essere fatto per ridare la reale voce alle donne (il motto finale).
Il secondo aspetto da considerare nella forza di questo messaggio è il dato oggettivo portato a sostegno della tesi. Usare Google, e la sua credibilità nel sintetizzare l’opinione pubblica, implica che non siano solo un sentire di pochi, ma dimostra in modo incontrovertibile che nel mondo la maggioranza delle ricerche su queste parole ha quel tipo di connotazione negativa. Il dato oggettivo è scioccante, e come tale dirompente nel far pervinire a chi ascolta il “senso di urgenza” necessario ad intervenire. Questo aspetto era tipico anche delle campagne sociali già analizzate.
Altrettanto potente è l’uso delle “parole chiavi” che sono la semplificazione massima del messaggio (copy): non esistono fronzoli o interpretazioni ma si va diretti al pregiudizio ed a come debba essere cambiato. Anzi la call to action ne riprende lo schema modificando la seconda parte, sottointendo che “il finale (della storia) debba essere cambiato“, adesso.
Un ulteriore aspetto non immediato da percepire, ma di grande impatto, è lo sguardo fisso delle donne verso chi legge. Questo è una comunicazione diretta, sincera, che esaspera il concetto del “tu”: noi stiamo guardando negli occhi la vittima della discriminazione e quindi non possiamo esimerci dal pensare agli effetti su di lei e sulla sua vita o al mentirsi ipotizzando che non sia vera. Anche se in termini di “immagine” e non di parole è comunque un esempio di comunicazione diretta, letteralmente rivolta allo spettatore.
Ovviamente, trattandosi di Nazioni Unite, la campagna ha quattro donne diverse che rappresentano il mondo: una latina, una caucasica, una medio-orientale ed una dell’estremo oriente. Ma tutte, come dice l’ultimo annuncio, hanno diritto a fare le loro scelte.
Complimenti all’agenzia che con un formato per immagini, pochissime parole ci riporta ai fondamentali della comunicazione sociale già visti: senso di urgenza, comunicazione molto diretta, parole (chiave) semplici e call-to-action specifica per cambiare ora lo status quo!
Pubblicato da Carlo Arioli